Me lo ricordo mio nonno, aggrappato al tavolo mentre dormiva in un pomeriggio di luglio subito dopo il turno in fabbrica. Era lì in canottiera, ancora i piatti sulla tavola, il bicchiere arrossato dal vino, russava lento , naturale come il brusio delle cicale nella calura estiva. Mio nonno faceva il turno di notte, cosi poi poteva lavorare nel campo, o meglio nel vignale, come lui lo chiamava perché ci faceva anche del vino. Dormire era per lui un qualcosa legato al lavoro, come un lungo respiro prima di una immersione, non importava dove, una sedia, un divano, un tavolo… ma mai a letto durante il giorno. “ Non dormo, riposo” ripeteva serio, con un senso del dovere che voleva essere luterano.
Me lo ricordo con la bocca aperta, le alfa senza filtro e l’accendino appoggiati sul davanzale della finestra spalancata, poi dopo una mezz'ora si svegliava, usciva a prendere una boccata d’aria e si fumava una sigaretta guardando la gente che passava lungo la provinciale.
“il mondo si divide in due”, mi diceva :
“i lavoratori e i lavora-tu”: rideva sempre quando finiva questa frase, con un sorrisino vagamente inquisitorio, guardando in basso le mie scarpe lucide.
“i lavoratori e i lavora-tu”: rideva sempre quando finiva questa frase, con un sorrisino vagamente inquisitorio, guardando in basso le mie scarpe lucide.
Io per lui sono sempre stato il ragazzo che veniva d’estate, con le mani troppo bianche e lunghe, destinato ad una vita diversa o solamente a correre dietro le bisce.
Ho trovato mio nonno nella gente che ho fotografato ad Hong Kong , nei loro corpi stanchi, nella loro soddisfazione di finire un lavoro giusto per vedere un lavoro ben fatto. Ho trovato mio nonno nel loro muto abbracciare i tavoli con gli occhi socchiusi e la bocche aperte, nel loro respiro tranquillo.
Corpi che vengono a galla per un momento, solo il tempo di un sonno senza sogni.